Mentre a Mendrisio i delegati del Partito Liberale Radicale del Ticino (PLRT) eleggono il nuovo presidente, su La Stampa leggo un articolo del direttore Mario Calabresi con spunti e riflessioni che sento d’attualità anche per me.
Il federalismo, è un pilastro della cultura politica svizzera, al quale riconosciamo la “dote della maggiore vicinanza degli eletti agli elettori che rende possibile un controllo più serrato“, certo non automatico ma più facile.
Per rinnovarlo e renderlo attuale è però necessario – nel solco del principio della sussidiarietà – il coraggio di scacciare la tentazione di delegare (al Cantone o alla Confederazione) compiti che possono essere svolti nei Comuni, di pretendere di potersi assumere le relative responsabilità (e costi) e di accettare che, fatte salve alcune condizioni minime, vi possano essere differenze nei servizi offerti da Comuni diversi.
Mario Calabresi parla poi delle speranze insite nel “ricambio generazionale, con l’ingresso di volti nuovi e non compromessi“. Un ricambio che da solo non basta e che non assicura automaticamente una ventata di nuove idee e competenze.
Guardo ai giovani emergenti in tutti i partiti ticinesi: con preoccupazione ritrovo in loro una visione della politica, del partito, del ruolo dello Stato e delle istituzioni troppo simile a quella dei “grandi vecchi” che hanno segnato le mie prime esperienze politiche. Insomma, anche in Ticino la giovane età non è (da sola) garanzia di rinnovamento.
Infine mi sembrano scritte per il Cantone Ticino le conclusioni di Calabresi: il futuro delle nostre istituzioni, la capacità di avvicinare la politica ai cittadini richiedono “un’assunzione di responsabilità individuale che deve coinvolgere tutti, politici, giornalisti, insegnanti, imprenditori e semplici elettori perché ognuno deve imparare a mettere davanti l’interesse generale, a pretendere senso di responsabilità ma anche ad essere responsabile“.