Il Tribunale cantonale amministrativo (TRAM) ha annullato la decisione con la quale il Gran Consiglio (parlamento) del Cantone Ticino – a poche settimane dalle elezioni 2011 – ha concesso il diritto di utilizzare le acque del fiume Verzasca per produrre energia elettrica (leggi).
Per il TRAM la protezione dell’ambiente (deflussi minimi) e del paesaggio è più importante della produzione di energia rinnovabile e del reddito (tra i 300 e i 500 mila franchi all’anno) che i Comuni avrebbero ricavato dalla vendita di energia.
Le reazione dei vincitori e degli sconfitti hanno – ancora una volta – messo in evidenza una diversa “visione” dello sviluppo regionale per le aree di montagna e periferiche. Da un lato chi, ad ogni costo, vuole conservarle incontaminate per potervi ritrovare la natura e le emozioni negate dalle città e dagli agglomerati. Dall’altro chi, per continuare a vivere nelle valli alpine, chiede di potere avere accesso allo “sviluppo” che caratterizza le zone urbane.
Lo scontro tra queste visioni è latente ed è emerso fortemente, ad esempio, nella votazione sulla limitazione della costruzione di nuove residenze secondarie.
Il muro contro muro non porterà da nessuna parte. Allo scontro bisogna sostituire il dialogo.
Personalmente non credo che le regioni di montagna e periferiche siano “zone a basso potenziale”; in prospettiva (ad esempio di fronte alla richiesta di esperienze ed emozioni legate al contatto con la natura ma anche al riscaldamento climatico) queste regioni hanno un grosso potenziale: diverso da quello della mentalità corrente (madre, ad esempio delle turbolenze finanziarie) ma di assoluto valore.
Anche per questo mi rattrista leggere reazioni dalle quali sembra che senza nuove costruzioni, centrali idroelettiche (o parchi eolici) ed altre espressioni dello sviluppo urbano “non sostenibile” le regioni di montagna e periferiche non abbiano un futuro.
Credo sia il momento di prendere coscienza di questo forte potenziale “diverso” e di unire le forze, la creatività e le idee per capire come ricavarne un valore aggiunto che compensi, anche economicamente, la scelta di continuare a vivere in queste regioni e di contribuire alla loro vitalità (e non solo tutela).
Per fortuna, non mancano idee ed esperienze diverse, sostenute da organizzazioni quali il Gruppo svizzero per le regioni di montagna SAB, o l’Associazione dei Borghi autentici d’Italia alle quali partecipo con interesse e attenzione.